giovedì 31 marzo 2011

III SETTIMANA DI QUARESIMA (Giovedì)

Dal libro del profeta Geremìa

Così dice il Signore:
«Questo ordinai loro: “Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”.
Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola; anzi, procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle.
Da quando i vostri padri sono usciti dall’Egitto fino ad oggi, io vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti; ma non mi hanno ascoltato né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervìce, divenendo peggiori dei loro padri.
Dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno. Allora dirai loro: Questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore, suo Dio, né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca».

Parola di Dio

Salmo responsoriale

Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore.
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

Parola del Signore
RIFLESSIONI


Il Signore non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. E' la prima riflessione che mi ha fatto fare l'inizio della lettura del profeta Geremia. Perchè il peccatore si converta, deve imparare a conoscere la voce del Signore distinguendola da tutte le altre voci che risuonano nel suo cuore.
Sono tante queste voci, tutte di una forte insistenza da ammaliare totalmente il cuore dell'uomo. Come fare per riuscire a conoscere la voce del Signore? Chiederlo direttamente a Lui come dice il salmista: «fa che io ascolti oggi la tua voce ... ». Questa richiesta, fatta con fede, dà il sicuro risultato: arrivare a conoscere la voce del Signore. Questa certezza la dà proprio il Signore quando dice ... Io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo.
Attraverso il profeta Geremia, Dio intende rinnovare il patto d'amore che ha realizzato col suo popolo attraverso un pressante invito all'ascolto. Va sottolineato che più e più volte il Signore ripete, a volte in tono molto accorato, questo invito ad ascoltare Lui, la sua Parola, perché solo con l’ascolto accorato della parola di Dio possiamo raccogliere i frutti di quella sorgente di vita: «Se il mio popolo mi ascoltasse..., lo nutrirei con fior di frumento».
Il Signore già moltissime volte ha parlato al nostro cuore e noi non abbiamo ascoltato la sua voce perché non la conoscevamo ... apriamo le orecchie del cuore e incominciamo a imparare qual è la voce del Signore: la voce del Signore è quella voce che sentiamo dentro di noi che ci invita ad operare il bene.
Se oggi ascoltate la mia voce, non indurite il vostro cuore ... dunque per conoscere qual è la voce del Signore, bisogna avere un cuore di carne e non di pietra. 
Molte volte, anzi sempre chi non conosce la voce del Signore non riesce mai a parlare di bene, di amore, di riconoscenza, di pace ... perchè non conosce queste cose, diventa muto.
Ancora una volta il Vangelo ci mostra Gesù che lotta contro il male, contro il principe del male che teneva schiavo un uomo rendendolo muto, incapace di comunicare con gli altri. Gesù libera quest'uomo dalla sua schiavitù. E tutti, appena sentono parlare quest'uomo, si meravigliano.
Appare chiaro che in questo contesto il muto rappresenta la mancanza della parola di Dio, della fede, della lode a Dio mentre la sua guarigione è l'avvento della parola risanatrice di Dio. L'atteggiamento della folla, a miracolo avvenuto, è riconoscere la presenza di Dio. L'animata discussione che ne segue è motivata da due diversi atteggiamenti: o Cristo è egli stesso indemoniato che può scacciare se stesso dagli ossessi, o ha un potere divino che dovrebbe dimostrare.
Gesù annuncia che sta per realizzarsi tra loro il Regno di Dio. Ormai si richiede una scelta intransigente fra il più forte e il più debole. Cristo è molto chiaro: "O con me o contro di me". Nella vita personale c'è questo gioco di scelte continue dove il male e il bene si osteggiano; e il credente deve saper cogliere il bene e respingere il male.
Proviamo, dunque, ad ascoltare in profondità Gesù che ci dice: le mie parole sono "spirito e vita" e sono "parole di vita eterna". Così comprenderemo veramente perché, nel Vangelo odierno, Egli ci avverte: "Chi non raccoglie con me disperde".
Abbiamo noi un cuore che ascolta ogni giorno, senza fretta né superficialità, la Parola di Dio? O forse ci perdiamo dietro a tante altre parole che finiscono per rendere sordo il nostro cuore alla vera Parola che conta?

mercoledì 30 marzo 2011

III SETTIMANA DI QUARESIMA (Mercoledì)

Dal libro del Deuteronòmio

Mosè parlò al popolo e disse:
«Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi.
Vedete, io vi ho insegnato leggi e norme come il Signore, mio Dio, mi ha ordinato, perché le mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso. Le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”. Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi do?
Ma bada a te e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli».

Parola di Dio

Salmo responsoriale

Celebra il Signore, Gerusalemme.
 
Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.
Fa scendere la neve come lana,
come polvere sparge la brina.

Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Parola del Signore

RIFLESSIONI

Domando subito qual è questa terra per la quale viviamo e che il Signore ha promesso e nella quale vuole che entriamo. Senza dubbio è il Paradiso. Terra nella quale si gode la visione reale di Dio e si è felici per l’eternità.
In Paradiso, luogo della presenza visibile di Dio, non si può entrare mediante una vita comoda e dissoluta, ma mediante una vita sobria e sacrificata. Il sacrificio che si richiede è l’osservanza dei comandamenti che il Signore ha dato. Questo è stato confermato anche dall’evangelizzazione di Gesù quando disse al giovane che gli chiese cosa doveva fare per avere la vita eterna, rispose: OSSERVA I COMANDAMENTI.
Nessuno può dire che è difficile osservare i comandamenti perché il Signore è vicino a chi lo cerca e dà la grazia necessaria per fare il bene e l’osservanza dei comandamenti è fare il bene per l’anima. Per chi invece cerca il bene del corpo e non dell’anima, diventa veramente impossibile non bestemmiare, santificare tutte le feste, rispettare e amare i genitori, amare gli altri, amare particolarmente chi ci fa del male, non profanare il proprio corpo, tempio dello Spirito Santo, con il peccato impuro o meglio dire con la soddisfazione sessuale, non desiderare la roba degli altri, non desiderare la persona degli altri.
Fare il bene richiede sempre rinunciare al proprio “IO” e fare la volontà di Dio. Nessuno vuole rinunciare ai piaceri della carne! Se pensiamo a quello che ci spetterà dopo questa vita, conviene centomila volte rinunciare al proprio “IO” e servire Dio con l’osservanza dei comandamenti.
Ecco perché Gesù precisa di non essere venuto ad abolire la Legge e i Profeti, "ma per dare compimento", ossia per realizzare le profezie e portare la legge antica alla sua perfezione, rivelandone il senso ultimo e più autentico.
Gesù compie la Legge, che manifesta la volontà del Padre, amando i fratelli. L'amore non trascura neanche un minimo dettaglio, anzi manifesta la propria grandezza nelle attenzioni minime. Le realtà più solide, il cielo e la terra, potranno cadere ma non cadrà uno iota – cioè la particella più piccola della Legge – finché essa non sia attuata.
Non si tratta di salvaguardare l'adempimento del codice fin nelle sue minime prescrizioni, ma di comprenderne il profondo contenuto che sopravvive nel Vangelo: l'amore. Con la proclamazione del Vangelo, l'Antico Testamento non finisce ma si attua nel Nuovo.
Lo stesso Gesù non esiterà a proporci una perfezione assimilata a quella stessa di Dio: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Ora ci è reso possibile l'osservanza dei precetti e dei comandamenti del Signore, perché Cristo ci ha dotati di una legge nuova, che tutte le riassume e le vitalizia: quella dell'amore, quella appunto che è sgorgata dal cuore di Cristo e che ci ha riaperto la via del regno per essere davvero grandi al suo cospetto.
Il vero discepolo di Gesù si manifesta nell’osservanza dei piccoli precetti della Legge, quelli minimi, semplici, quelli che costano il nostro sacrificio quotidiano, la nostra giornaliera rinunzia, quell’impegno costante che richiede tutta la nostra attenzione, che esige che nessuna distrazione ci prenda. Sono le piccole cose che rivelano il grado del nostro amore, la misura della nostra carità, lo spessore della nostra fede, la capacità operativa della nostra speranza. Non osservando le piccole cose, i piccoli impegni, le minime obbligazioni morali, a poco a poco cadiamo anche nella disobbedienza verso le grandi. È la morte della carità, della speranza, della fede

martedì 29 marzo 2011

III SETTIMANA DI QUARESIMA (Martedì)

Dal libro del profeta Daniele

In quei giorni, Azarìa si alzò e fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse:
«Non ci abbandonare fino in fondo,
per amore del tuo nome,
non infrangere la tua alleanza;
non ritirare da noi la tua misericordia,
per amore di Abramo, tuo amico,
di Isacco, tuo servo, di Israele, tuo santo,
ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare
la loro stirpe come le stelle del cielo,
come la sabbia sulla spiaggia del mare.
Ora invece, Signore,
noi siamo diventati più piccoli
di qualunque altra nazione,
oggi siamo umiliati per tutta la terra
a causa dei nostri peccati.
Ora non abbiamo più né principe
né profeta né capo né olocàusto
né sacrificio né oblazione né incenso
né luogo per presentarti le primizie
e trovare misericordia.
Potessimo essere accolti con il cuore contrito
e con lo spirito umiliato,
come olocàusti di montoni e di tori,
come migliaia di grassi agnelli.
Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito,
perché non c’è delusione per coloro che confidano in te.
Ora ti seguiamo con tutto il cuore,
ti temiamo e cerchiamo il tuo volto,
non coprirci di vergogna.
Fa’ con noi secondo la tua clemenza,
secondo la tua grande misericordia.
Salvaci con i tuoi prodigi,
da’ gloria al tuo nome, Signore».

Parola di Dio

Salmo responsoriale

Ricòrdati, Signore, della tua misericordia.
 
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.

Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Parola del Signore

RIFLESSIONI


La parola del Signore di questa giornata è un invito a guardare alla propria vita passata per vedere in quali condizioni siamo circa l’amore verso Dio e verso il prossimo (I comandamenti da cui dipende tutta la legge e i profeti).
Nella lettura tratta dal profeta Daniele leggiamo con quanto ardire il profeta osa rivolgersi a Dio e implorare la sua misericordia per tutto il popolo. Fa appello all’alleanza che Dio aveva fatto con Abramo, Isacco e Giacobbe. Di non infrangere la promessa di dare ad Abramo una discendenza numerosissima. A causa dei peccati del popolo d’Israele, il Signore l’ha disperso su tutta la terra rendendolo il popolo più piccolo di tutti gli altri popoli. Il profeta intercede e chiede misericordia per il peccato del popolo.
Com'è bella tutta la preghiera di Azaria che, nella desolazione del sentirsi senza scampo, si rivolge al Signore anche a nome della sua gente! Questa pagina biblica ci aiuta a vivere con profonda fiducia il rapporto con Dio, che è clemente, pieno di misericordia e del tutto disposto al perdono.
La supplica del profeta si trasforma in profonda preghiera del popolo d’Israele nel salmo responsoriale. Tutti ravveduti degli errori commessi, chiedano al Signore con insistenza e la certezza di essere esauditi, di mostrare ad essi le vie da percorrere per raggiungere la salvezza. Fanno appello alla misericordia, al perdono e all’amore che Dio ha sempre avuto per tutti.
Quanto intensa è la preghiera che il salmista innalza al Signore: “Fammi conoscere, Signore, le tue vie/insegnami i tuoi sentieri./Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,/perché sei tu il Dio della mia salvezza”. Quasi l’invocazione di un bambino che sa che esiste una via e un Salvatore ma non conosce la prima e chiede al secondo di essere guidato per mano per imparare a percorrerla.
Il Signore, alla supplica del popolo d’Israele, risponde con il racconto riportato da San Matteo nel suo vangelo.
Prendendo spunto dalla domanda fatta da Pietro, insegna l’importanza di perdonare le offese ricevute ed essere perdonati per le offese fatte al Signore. Pietro pose al Signore questa domanda: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette».
L'immagine che Gesù dà di Dio è l'immagine di uno che ascolta ed ha cuore disposto a perdonare sempre. Il perdono che propone Gesù non è questione di poche o di molte volte, si dovrà perdonare sempre, perché il perdono è come l'amore, senza limiti e senza confini.
E' molto prezioso questo insegnamento del Signore che egli esemplifica con la nota parabola dei due debitori: quel tale a cui viene condonato il debito (enorme per quei tempi!) di diecimila talenti e poi si comporta da strozzino con chi gli deve solo cento denari. Come è simile al nostro l’atteggiamento di quel tale! Il non-amore che abita in noi ci rende incapaci di percepire l’infinito amore di cui siamo oggetto da parte del Signore che ci avvolge sempre in un abbraccio d'infinita misericordia. E, a conseguenza di questa non-consapevolezza, vantiamo troppo spesso ragioni o per non perdonare o per dare uno pseudo-perdono, restando dentro atteggiamenti di sospetto, di sfiducia, di freddezza e altro.
La morale dedotta da Gesù e racchiusa in queste sue parole: «Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Conclusioni per chi non vuole perdonare, con quale coraggio recita il Padre Nostro? Dove dice Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori? Con che coraggio avvicinarsi alla confessione per chiedere perdono dei peccati quando non si vuole perdonare le offese ricevute? Cosa dicono le parole di Gesù? AMATE I VOSTRI NEMICI, AMATEVI GLI UNI GLI ALTRI COME IO VI AMO, E COSI’ AVANTI DI QUESTO PASSO.



lunedì 28 marzo 2011

III SETTIMANA DI QUARESIMA (Lunedì)

Dal secondo libro dei Re
In quei giorni Naamàn, comandante dell’esercito del re di Aram, era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato, perché per suo mezzo il Signore aveva concesso la salvezza agli Aramèi. Ma quest’uomo prode era lebbroso.
Ora bande aramèe avevano condotto via prigioniera dalla terra d’Israele una ragazza, che era finita al servizio della moglie di Naamàn. Lei disse alla padrona: «Oh, se il mio signore potesse presentarsi al profeta che è a Samarìa, certo lo libererebbe dalla sua lebbra». Naamàn andò a riferire al suo signore: «La ragazza che proviene dalla terra d’Israele ha detto così e così». Il re di Aram gli disse: «Va’ pure, io stesso invierò una lettera al re d’Israele».
Partì dunque, prendendo con sé dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci mute di abiti. Portò la lettera al re d’Israele, nella quale si diceva: «Orbene, insieme con questa lettera ho mandato da te Naamàn, mio ministro, perché tu lo liberi dalla sua lebbra». Letta la lettera, il re d’Israele si stracciò le vesti dicendo: «Sono forse Dio per dare la morte o la vita, perché costui mi ordini di liberare un uomo dalla sua lebbra? Riconoscete e vedete che egli evidentemente cerca pretesti contro di me».
Quando Elisèo, uomo di Dio, seppe che il re d’Israele si era stracciate le vesti, mandò a dire al re: «Perché ti sei stracciato le vesti? Quell’uomo venga da me e saprà che c’è un profeta in Israele». Naamàn arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Elisèo. Elisèo gli mandò un messaggero per dirgli: «Va’, bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato».
Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: “Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra”. Forse l’Abanà e il Parpar, fiumi di Damàsco, non sono migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per purificarmi?». Si voltò e se ne partì adirato.
Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una gran cosa, non l’avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: “Bàgnati e sarai purificato”». Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell’uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato.
Tornò con tutto il seguito dall’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele».

Parola di Dio


Salmo responsoriale

L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.
 
Come la cerva anèla
ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anèla
a te, o Dio.

L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente:
quando verrò e vedrò
il volto di Dio?

Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora.

Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio.


+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Parola del Signore


RIFLESSIONI

Oggi comincio queste riflessioni dal salmo responsoriale, in quanto il salmo è la chiave per penetrare bene la parola che compone liturgia odierna.
Il salmista inizia con un’invocazione meravigliosa. Si paragona ad una cerva. Come la cerva desidera sempre essere vicina ai corsi d’acqua, così la sua anima anela a Dio, ha sete di Dio.
Con queste parole del salmista il Signore nostro Dio, desidera continuare il discorso iniziato ieri con la parabola della samaritana. Nella parabola, il Signore dichiara di essere l’acqua viva che appaga e libera da tutti i desideri che nascono nel cuore dell’uomo. A causa del peccato l’uomo è combattuto da desideri buoni e non buoni. I desideri buoni bisogna realizzarli e quelli non buoni ometterli. Gesù, acqua viva, è la forza necessaria per fare il bene ed evitare il male.
Il Signore opera cose grandi con mezzi semplicissimi. La potenza non è nei mezzi, ma in Lui. Tutto questo, però, ad una condizione: abbandonarsi a Lui senza opporre resistenze, immergendosi umilmente nella sua volontà d'amore, come Naaman nelle acque melmose del Giordano, anche quando ai nostri occhi questo tuffo sembra farci annegare nelle acque profonde di un'obbedienza troppo faticosa e umanamente impossibile.
Per essere in grado di fare il bene ed evitare il male, è necessario essere uniti nella fede a Gesù. Non dubitare mai della sua presenza nella nostra vita e del suo aiuto ogni volta che ricorriamo a Lui. Questa fede deve portare a credere che Gesù sta già concedendo quello che desideriamo nel momento stesso che lo chiediamo. Credere in quello che il Signore ci dice attraverso i suoi profeti e cercare di metterlo in atto senza alcun dubbio.
Oggi i profeti o il profeta che il Signore manda è la sua chiesa: una, santa, cattolica, apostolica, romana come professiamo nel credo o simbolo degli Apostoli.
Non bisogna fare come Naamàn il Siro, ammalato di lebbra, invitato dal profeta a bagnarsi sette volte nelle acque del Giordano per essere guarito, si ribella perché pensa che una cosa del genere non avrebbe prodotto l’efficacia della guarigione.
Se noi crediamo che il profeta è veramente l’uomo che parla nel nome di Dio, dobbiamo ubbidire anche se quello che dice può sembrare, sotto vari aspetti, una sciocchezza. Dobbiamo essere convinti che il Signore non chiede cose difficili o straordinarie per portare l’uomo sulla retta via, liberarlo dal peccato. Chiede cose semplici e facili, altrimenti nessuno sarebbe in grado di cambiare modo di vivere.
La lebbra che aveva colpito Naamàn il Siro, è segno del peccato e delle conseguenze che il peccato produce nell’anima del peccatore. L’acqua del Giordano è segno della grazia di Dio che lava e purifica l’anima del peccatore ridandole lo splendore e la sanità persa a causa del peccato.
Nella sinagoga di Nazaret, Gesù ricorda, oltre la guarigione del lebbroso Naaman, anche altri precedenti episodi miracolosi; il suo scopo è quello di provocare la fede nella sua missione da parte dei suoi stessi concittadini, i quali hanno letto le sue parole come un'accusa nei loro confronti per cui la loro reazione è di rifiuto: "Nessun profeta è bene accetto in patria".
La verità è che – alle volte – l'atteggiamento dei credenti e dei devoti diventa chiuso e ottuso, impermeabile alle novità di Dio, così che spesso sono i non credenti che riescono a cogliere con stupore il messaggio sconvolgente del Dio di Gesù Cristo, così come ci testimonia la fede semplice dei due pagani citati oggi dal Maestro: la vedova di Zarepta che accoglie Elia e Naaman il Siro, lebbroso, che si fida del profeta Eliseo e guarisce.
Allora come oggi, è molto più difficile parlare del Signore a chi crede di conoscerlo e tratta l'annuncio cristiano con sufficienza, scegliendo nel cattolicesimo solo ciò che più gli aggrada. Quando c’è un richiamo alla coerenza e alla conversione, ecco allora che viene fuori il desiderio di gettare Gesù e tutti i suoi profeti giù dal dirupo.
Coraggio dunque! La quaresima serve soprattutto a ridare smalto e freschezza alla nostra fede stanca e ripetitiva e se questo significa mettere in discussione qualche nostra certezza, pazienza, purché con verità, arriviamo liberi da legami ad accogliere l'invito costante all’amore che Cristo, nostro Salvatore, ci manifesta in ogni piccola azione: una gemma che si schiude, un bimbo che sorride, una parola amichevole, un saluto benevolo, cose semplici che, se il cuore è in ascolto, ci fanno percepire il fremito di Dio, il suo Amore che a sua volta si trasforma in noi in sorgente viva di amore non solo per il prossimo ma anche per tutte le cose che ci circondano.

domenica 27 marzo 2011

Benedetto XVI - Angelus 27 marzo 2011

Ognuno di noi può immedesimarsi con la donna Samaritana: Gesù ci aspetta, specialmente in questo tempo di Quaresima, per parlare al nostro, al mio cuore. Fermiamoci un momento in silenzio, nella nostra stanza, o in una chiesa, o in un luogo appartato. Ascoltiamo la sua voce che ci dice: “Se tu conoscessi il dono di Dio…”. Ci aiuti la Vergine Maria a non mancare a questo appuntamento, da cui dipende la nostra vera felicità.

III DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?».
Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!».
Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà».
Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE

Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore.

Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

Parola di Dio

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Parola del Signore.
 
RIFLESSIONI   
Si può morire di qualsiasi morte senza lamentarsi, non si può morire di sete senza disperarsi, non potremmo mai immaginare la sofferenza atroce di una sete che non si riesce ad estinguere perché manche l’acqua.
Il popolo Ebreo, in cammino verso la terra promessa, nell’attraversare il deserto vive questa esperienza di non avere l’acqua per dissetarsi e si scaglia contro Mosè ritenendolo colpevole di quello che sta vivendo: morire di sete tutti, grandi, piccoli, il bestiame.
Da questo si deve dedurre che l’acqua è l’elemento indispensabile alla vita dell’uomo e si parla di acqua naturale: acqua che ristora, disseta la necessità fisica del corpo e dopo si ritornerà nuovamente ad avere sete.
Il Signore, davanti alla ribellione del popolo, dà a Mose il potere di far sgorgare l’acqua dalla roccia dopo aver colpito col bastone la roccia. Bevuta quest’acqua si ritornerà ad avere sete nuovamente. Nel vangelo il Signore stesso diventa datore di acqua da bere e una volta bevuta quest’acqua, non si avrà più sete.
"Dammi da bere" è la strana richiesta che la samaritana si sente fare. Il fatto di essere donna e per giunta samaritana, avrebbe dovuto scoraggiare quell'uomo giudeo a chiedere dell'acqua. E poi, se non bastasse, una donna che va al pozzo a mezzogiorno è una che ha qualcosa da nascondere e sa che a quell'ora non si incontra nessuno. E la donna rimane disorientata di fronte a questo Gesù che sceglie di aver bisogno di lei, che rompe gli schemi, che allunga la mano e chiede un sorso d'acqua pur di aprire una spiraglio nel cuore di quella donna; di fronte a questo Messia che non si impone con la forza, ma si propone con il suo bisogno per iniziare un dialogo con la donna e guidarla alla scoperta della sua vera sete; di fronte a questo Maestro che non giudica, non scaglia sentenze ma l'accompagna con ferma dolcezza a scoprire qual è la vera arsura che rende inquieto il cuore.
All'inizio la donna non capisce, fraintende le parole di Gesù, rimane legata all'aspetto materiale e indaga sulla fonte d'acqua miracolosa di cui parla questo interessante straniero. Ma poi, con molta semplicità si predispone a partire, a mettersi in viaggio per raccogliere nella sua brocca l'acqua che fa passare la sete. Ancora non sa, ancora non capisce che il viaggio da intraprendere è il più difficile e stupendo che si possa immaginare: quello dentro se stessi, nella propria anima, nel proprio spirito, in compagnia del Signore. 
Il Signore parla di un acqua speciale, definita acqua viva. Detta acqua viva perché dà vita e non riporta ad avere sete nuovamente anzi quest’acqua è così straordinaria da non dissetare soltanto, ma addirittura fa scaturire dal cuore ACQUA VIVA.
Acqua viva che non sgorga dalla roccia del deserto, acqua viva che scorre dal costato di Cristo. Acqua viva che simboleggia l’amore che parte dal cuore squarciato di Gesù. Acqua viva segno dei sacramenti che Cristo ha dato alla chiesa per santificare l’umanità decaduta a causa del peccato.
Corriamo anelanti a questa fonte d’acqua viva che è Gesù, dissetiamoci attraverso i sacramenti di quella aridità causata da tante brutte e peccaminose abitudini. Liberiamoci da tutte le arsure causate dal peccato di qualsiasi tipo e genere. Dissetiamoci di questo amore che sgorga dal cuore di Cristo che sanguina a causa dei peccati che vengono commessi tanto da partarlo a dire a santa Margherita: ECCO QUAL CUORE CHE TANTO AMA GLI UOMINI, E NON RICEVE IN CAMBIO CHE INGRATITUDINI.
La domanda che dovremmo farci in questa domenica per la nostra riflessione, deve essere questa: noi siamo assetati dell'acqua vera che "zampilla per la vita eterna" oppure ci siamo già dissetati delle tante "acque" che il mondo ci propone? Solo Gesù, acqua viva, può dissetare la nostra sete di eternità, amore, vita. Può colmare il nostro desiderio di assoluto, di vita senza fine. La vera acqua che disseta la nostra sete di Dio, è Gesù di Nazaret, riconosciuto come Profeta, Messia e Salvatore del mondo. Ecco allora la nostra missione nella quotidianità della nostra esistenza: smascherare le false ricette di felicità e proporre e far conoscere Gesù, sorgente di vita eterna.

sabato 26 marzo 2011

II SETTIMANA DI QUARESIMA (Sabato)

Dal libro del profeta Michèa

Pasci il tuo popolo con la tua verga,
il gregge della tua eredità,
che sta solitario nella foresta
tra fertili campagne;
pascolino in Basan e in Gàlaad
come nei tempi antichi.
Come quando sei uscito dalla terra d’Egitto,
mostraci cose prodigiose.
Quale dio è come te,
che toglie l’iniquità e perdona il peccato
al resto della sua eredità?
Egli non serba per sempre la sua ira,
ma si compiace di manifestare il suo amore.
Egli tornerà ad avere pietà di noi,
calpesterà le nostre colpe.
Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati.
Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà,
ad Abramo il tuo amore,
come hai giurato ai nostri padri
fin dai tempi antichi.

Parola di Dio

Salmo responsoriale 

Misericordioso e pietoso è il Signore.
 
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,

guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Non è in lite per sempre,

non rimane adirato in eterno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Perché quanto il cielo è alto sulla terra,

così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;
quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». 

Parola del Signore 

RIFLESSIONI

Ecco un'autentica professione di fede per bocca del profeta Michea: in ogni tempo Dio si compiace di usare misericordia verso chi ha peccato. Dio si rivela un partner sempre fedele all'alleanza e non si rifiuta di chinarsi sulle nostre povertà, assumendole così come sono, per elevarci a sé nell'amore.
Lo stesso concetto ci viene mostrato dal brano del Vangelo che riporta la parabola detta del "Figlio prodigo" ma che molto meglio potrebbe chiamarsi del "Padre misericordioso": come questo padre che prova una gioia infinita quando vede tornare a casa il figlio da lontano, e invita tutti a gioire con lui, così il Signore gioisce nel vedere un povero peccatore ravvedersi e tornare alla casa del Padre. Ma i giusti non vogliono accettare il comportamento di Dio Padre che ama gratuitamente e necessariamente tutti i suoi figli: la sua misericordia non è proporzionata ai meriti, ma alla miseria.
E quindi questo brano è rivolto proprio al giusto perché occupi il suo posto alla mensa del Padre: deve partecipare alla festa che egli fa per il proprio figlio perduto e ritrovato. Questa parabola non parla della conversione del peccatore alla giustizia, ma del giusto alla misericordia.
Questa di oggi è sicuramente una delle più affascinanti parabole che Gesù ci ha lasciato: la parabola del figlio pentito, che torna tra le braccia del Padre, forse la prima parabola che ci hanno raccontato da bambini, quella che ci mostra Dio come Padre di tenerezza e di misericordia nella sua espressione più grande. Dio ci corre incontro pur di riaverci, è questo il senso del perdono cristiano: esso parte da Dio, ancor prima che da noi. A noi è chiesto solo di accoglierlo, di riconoscerlo. Potremmo dire che la scena del padre che abbraccia il figlio è l’espressione più chiara del sacramento della riconciliazione. Il padre, però, non sa stare senza alcuno dei suoi figli: esce perciò anche verso il figlio maggiore che non vuole entrare: vuole che anche lui abbracci il fratello. Dio è fatto così: precede sempre nell'amore e corre verso di noi, peccatori, per abbracciarci.

venerdì 25 marzo 2011

II SETTIMANA DI QUARESIMA (Venerdì)

Dal libro del profeta Isaìa

In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto».
Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore».
Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, perché Dio è con noi».

Parola di Dio
 
Salmo responsoriale 

Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
 
Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo».

«Nel rotolo del libro su di me è scritto

di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo».

Ho annunciato la tua giustizia

nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai.

Non ho nascosto la tua giustizia

dentro il mio cuore,
la tua verità e la tua salvezza
ho proclamato. 

Seconda lettura 

Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, è impossibile che il sangue di tori e di capri elimini i peccati. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”».
Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo a fare la tua volontà». Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.

Parola di Dio 
 
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
Parola del Signore

RIFLESSIONI

Nel brano di Isaia in cui è presente la figura del re Acaz, un re di Israele che, vivendo un periodo duro, stringe alleanze con popoli stranieri e pagani invece di appoggiarsi con piena fiducia al Signore. Di fronte all'invito a chiedere un segno a Dio, Acaz nasconde la sua poca fede dentro un'interpretazione fasulla del della Legge, là dove si dice: «Non tenterete YHWH vostro Dio» nel senso di non pretendere che Dio dia prova del suo operato. Infatti, sia la ribelle posizione di Acaz che l'umile collaborazione di Maria mettono in luce che l'iniziativa è, sempre e in assoluto, di Dio.

Nella luce radiosa del tempo pasquale celebriamo oggi l'inizio della salvezza, quando un angelo bussa alla porta di una ragazza adolescente follemente innamorata di Dio. È la festa dell'Annunciazione. Tutta la vita cristiana è centrata su questo mistero, sul "sì" di Maria che ha attratto Dio nel mondo, che ha dato inizio all'incarnazione, al meraviglioso incontro tra il divino e l'umano, tra il tempo e l'eternità. 

E' il Signore che si incarna in Maria. E' Dio che sceglie, come Madre del proprio Figlio, un’umile fanciulla ebrea, colma d’amore per Dio, perché il Signore è stato presente nella vita di Maria sempre, fin dal suo concepimento e la grazia non è altro che la abituale presenza di Dio nella sua vita. Ed è proprio in virtù di questa grazia che Ella si consegna a lui, si fida di lui e dice: “Eccomi sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Maria si umilia, si abbassa, diventa serva. Nella sua umiltà diventa la Madre di Cristo, Madre della Chiesa. Tutta l’esistenza di Maria, è un itinerario di libertà donata, un perseverare nell’abbandono a Dio lasciandosi docilmente plasmare e guidare da lui. 

Nella liturgia odierna, l'incarnazione è definita il grande segno dato da Dio agli uomini e l'inizio del grande sacrificio, quello per cui Gesù dice al Padre: "Ecco, io vengo a fare la tua volontà". Si tratta del sacrificio perfetto, unico e definitivo, che l'umanità offre a Dio attraverso Cristo. Ed è in questa totale offerta di Gesù al Padre per noi che dobbiamo riconoscere la nuova alleanza di Dio con l'uomo: il “sì” di Maria deve corrispondere al nostro “sì” a Dio a fare la sua volontà, ad essere “umili servi”, a seguire gli insegnamenti della sua Parola, perché possiamo diventare luce per quelli che ancora sono nelle tenebre e non hanno ancora avuto la gioia di riconoscere la chiamata del Signore. 

Purtroppo la nostra esperienza ci dice che accanto ai “sì” ci sono anche dei “no”. Il Signore però non ci abbandona. Egli è fedele alla sua chiamata e per questo ogni giorno, in mille modi, ci rivolge nuovamente il suo invito: “Seguimi”, e attende da noi una rinnovata risposta.

Ogni volta che crediamo, rendiamo presente in noi e attorno a noi questo impossibile. Anche attorno a noi, allora, i segni diventano sempre meno chiusi, e si aprono per essere segni di vita, di speranza, di fede e di amore. 

L'atto di fede di Maria è anche il nostro atto di fede e di adesione, attraverso l'"Eccomi" nella disponibilità anche all'impossibile, che però viene trasformato proprio dall'atto di fede e di adesione.

Mio Dio, quanto amore per noi è espresso in questa festa! La giovane vergine diventa il luogo privilegiato dell'Incarnazione del tuo Figlio diletto! E tu prendi dimora in mezzo a noi, tu il nostro Creatore e Salvatore! Santissimo Spirito, fammi più degno di tanta grazia, di tanta felicità perché il Dio Vivente dimora in me!






giovedì 24 marzo 2011

II SETTIMANA DI QUARESIMA (Giovedì)

Dal libro del profeta Geremìa

Così dice il Signore:
«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo,
e pone nella carne il suo sostegno,
allontanando il suo cuore dal Signore.
Sarà come un tamerisco nella steppa;
non vedrà venire il bene,
dimorerà in luoghi aridi nel deserto,
in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
Benedetto l’uomo che confida nel Signore
e il Signore è la sua fiducia.
È come un albero piantato lungo un corso d’acqua,
verso la corrente stende le radici;
non teme quando viene il caldo,
le sue foglie rimangono verdi,
nell’anno della siccità non si dà pena,
non smette di produrre frutti.
Niente è più infido del cuore
e difficilmente guarisce!
Chi lo può conoscere?
Io, il Signore, scruto la mente
e saggio i cuori,
per dare a ciascuno secondo la sua condotta,
secondo il frutto delle sue azioni».

Parola di Dio

Salmo responsoriale

Beato l’uomo che confida nel Signore.
 
Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.

È come albero piantato lungo corsi d’acqua,

che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.

Non così, non così i malvagi,

ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Parola del Signore

RIFLESSIONI
Geremia, in questa forte parola di Dio, vuole dirci che vive male chi impegna tutte le sue energie per ottenere i beni materiali, ne fa talmente la sua ragione di sicurezza che sostanzialmente ripone in essi tutta la sua fiducia, mentre – magari a poco a poco, quasi senza rendersene conto – abbandona la fiducia in Dio e si organizza la propria vita indipendentemente dal Signore cercando riparo nelle comodità e le sicurezze che la ricchezza sembra poter dare. 
Ma se Dio non è più il centro del cuore, la causa profonda della nostra pace, tutto il resto è un bene "posticcio" che presto vien meno. E’ necessario capire questo e soprattutto è necessario capire che il Signore ha un suo progetto per noi, che non sempre coincide col nostro, e che Egli ci dà le energie per realizzarlo: il suo è sempre stupendo perché è progetto d'amore, di abbandono dell'egoismo, fuori dalla superficialità e dall’autosufficienza che caratterizza questo nostro mondo.
Se noi facciamo crescere le nostre radici (come l'albero lungo il fiume) nel terreno fertile della fiducia nel suo amore sempre provvido, anche quando le apparenze sembrano dirci il contrario, non guarderemo più dunque al nostro “io”, ma contempleremo il nostro Signore Crocifisso e Risorto, consegnandogli anche la volontà di piccole realizzazioni concrete per aiutare i vari "Lazzaro" che attraversano la nostra giornata: fosse anche solo con un sorriso, una parola di conforto, l'ascolto, un piccolo aiuto.
Se la pagina del vangelo di oggi si fosse limitata a descriverci soltanto la situazione iniziale dell'uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e che ogni giorno banchettava lautamente, ignaro del povero mendicante Lazzaro, coperto di piaghe, fuori della sua porta, bramoso di sfamarsi delle briciole che cadevano dalla sua mensa e poi fossimo stati invitati a scegliere per noi la sorte dell'uno o dell'altro, sicuramente avremmo preferito la ricchezza e il benessere alla miseria estrema del povero mendicante. 
Il Signore però ci trasferisce in una dimensione ultraterrena, dove i criteri di giudizio non sono più quelli umani, ma scanditi da Dio stesso. Qui i ruoli si invertono: il povero Lazzaro è stato ritenuto degno di un premio eterno con Abramo e tutti i giusti. Il ricco, sazio dei suoi beni e delle sue ricchezze, di cui ha goduto egoisticamente nella vita terrena, si è privato colpevolmente di quelle ricchezze promesse da Dio in cielo per l'eternità. 
Fra i due c'è ormai un abisso e le grida e le richieste del dannato non possono essere accolte da Abramo perché egli per primo, quando era in vita, non ha voluto ascoltare i gemiti del povero Lazzaro. La mancanza di amore genera distanze incolmabili. Il ricco, pur tra i tormenti, conserva un briciolo di pietà verso i cinque fratelli che, ancora nel mondo, stanno vivendo dissolutamente come lui è vissuto e chiede ad Abramo di mandare Lazzaro ad avvertirli di cosa li aspetta continuando ad agire come stanno agendo. 
Ma la conversione a Dio e al suo volere, ci fa capire il Vangelo, non deve essere frutto di paura: sgorga dalla grazia, è dono dello Spirito. Fin quando il nostro spirito resta intrappolato dalla cupidigia, dai falsi idoli, dall'egoismo, l'amore vero e santificante dell'unico Dio non trova spazio.
La parabola presenta la vittoria finale di Dio sulle cattiverie e le perversità di chi si è sempre vantato delle proprie ricchezza, la dimensione del giusto equilibrio recuperato nel quale chi davvero merita viene finalmente ricompensato mentre cade nella condanna irreversibile chi si è auto lesionato con le proprie false certezze. Sia in questa vita e soprattutto al momento del giudizio, Dio attribuirà a ciascuno secondo i suoi meriti, favorendo chi è sempre stato destinato a soffrire e a soccombere.

mercoledì 23 marzo 2011

II SETTIMANA DI QUARESIMA (Mercoledì)

Dal libro del profeta Geremìa

[I nemici del profeta] dissero: «Venite e tramiamo insidie contro Geremìa, perché la legge non verrà meno ai sacerdoti né il consiglio ai saggi né la parola ai profeti. Venite, ostacoliamolo quando parla, non badiamo a tutte le sue parole».
Prestami ascolto, Signore,
e odi la voce di chi è in lite con me.
Si rende forse male per bene?
Hanno scavato per me una fossa.
Ricordati quando mi presentavo a te,
per parlare in loro favore,
per stornare da loro la tua ira.

Parola di Dio 
 
Salmo responsoriale

Salvami, Signore, per la tua misericordia.
 
Scioglimi dal laccio che mi hanno teso,
perché sei tu la mia difesa.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.

Ascolto la calunnia di molti: «Terrore all’intorno!»,

quando insieme contro di me congiurano,
tramano per togliermi la vita.

Ma io confido in te, Signore;

dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori. 

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Parola del Signore

RIFLESSIONI

La prima lettura tratta dal profeta Geremia, richiama alla mente le parola di Gesù che ha detto: se vuoi la pace, preparati alla guerra. Queste parole le sto ripetendo spesso in questi giorni di quaresima nel mio ministero sacerdotale, quando viene qualcuno a confidarmi le proprie pene e le difficoltà che trovano quando desiderano di fare del bene e trovano più difficoltà del solito.
Si deve sapere che quando si decide di fare il bene, di essere bravo … le forze del male, i diavoli si scatenano contro per ostacolare i nostri buoni propositi e non consentirci di fare il bene.
Questo è il segno che Gesù vuole quelle cose e le forze del male si scatenano per impedire di fare il bene. Questo è uno dei tanti segni che fa capire che quello che desideriamo o vogliamo fare sono gradite a Dio e bisogna impegnarsi e portarle a termine. Non bisogno scoraggiarsi, impegnarsi con tutte le forze e andare avanti. 
Di nemici che ostacolano il progresso spirituale, ce ne sono e sono moltissimi e si presentono sempre come angeli buoni all’apparenza, dentro però si nascondono nemici tremendi. 
Molte volte sono proprio quelli che venivano creduti amici che si rivelano poi i veri nemici e buttano nello scoraggiamento più grande. Viene spontaneo a questo punto ricordare il proverbio: Dagli amici mi guarda Dio, dai nemici mi guardo io. Da questo bisogna dedurre che bisogna mettere ogni speranza solo nel Signore che non inganna mai.
Il Vangelo di oggi ci fa capire che davvero i disegni di Dio trascendono ogni umana immaginazione: nessuno al mondo avrebbe potuto pensare che la redenzione si dovesse attuare mediante l'umiliazione del figlio di Dio nella incarnazione prima, e poi nella crudelissima passione e nella sua morte nell'ignominia della croce. La via della vera gloria ha ora un percorso completamente diverso: consiste nella sequela di Cristo, consiste nel bere il calice amaro del dolore e delle nostre umane passioni fino al martirio, fino alla croce, abbracciata come lui per amore. 
La vita del cristiano è un continuo calvario, una continua prova, un continuo abbandono in Dio. Questo abbandono comporta abbracciare le croce ogni giorno, salirvi sopra e non scendere più da questa croce se non dopo la morte del proprio “io”. Abbracciando la croce ogni giorno, si può essere certi che al termine di questi giorni terreni ci sarà la certezza di essere nel regno dei cieli per sempre.
Impariamo a guardare la croce come croce gloriosa, croce che porta alla felicità eterna.
Chi vuole diventare grande dice più esplicitamente Gesù, contrariamente all'andazzo del mondo, «si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti». Questa dimensione dell'amore era completamente ignota prima di Cristo. Ora è motivo fondamentale della nostra fede e orientamento sicuro del nostro agire.